sabato 6 settembre 2014

LA PRIMA COSA BELLA Dante B. Anteprima

... e  sti ca**i !!!

E fatemelo proprio dire!!!
Io adoro i nerds.

Ho appena comprato questo romanzo che non vedo l'ora di leggere e assaporare, perché sono sicura che non solo sarà a breve sulla bocca di tutti... ma farà strada, parecchia strada. 
Vediamo se non avrò ragione. 



DAL 7 SETTEMBRE SU AMAZON
(ma anche dal 6 sera...)

Dante Berlinghieri è un nerd, un fuoricorso, un cineasta ma soprattutto è un idiota. 
Un idiota e un bugiardo. Un bugiardo con se stesso. Ama, non corrisposto, una ragazza bellissima. E' amato, ma non corrisponde, una ragazza bellissima. 
In questa autobiografia fantasy


LA PRIMA COSA BELLA
Dante B.

Editore: self-publishing
Genere: Narrativa
Pagine:  275 (mobi)
Prezzo: 0.99


Trama

«Esiste solo l'amore non corrisposto» questa è la convinzione di Dante Berlinghieri, 21 anni, nerd appassionato di cinema e fumetti. Tra una birra nel solito posto,  un esame all'università e una sosta in fumetteria la sua vita scorre più o meno tranquilla.
Ma una sera come tante, in uno dei soliti posti,  arrivano anche le ragazze e da quel momento il mondo di Dante verrà completamente capovolto. 
Si ritroverà promosso al ruolo di regista, in un film amatoriale;  innamorato perso di una  ragazza che non lo considera; oggetto dell'affetto di una ragazza  che lui non considera. Pronto a correre per il gran finale sullo sfondo del carnevale di Venezia.
In questa biografia fantasy, tra le scene dei suoi film preferiti, Dante scopre che nulla è come sembra . 
 Amor ch'a nullo amato amar perdona...porco cane!



L'autore


Dante B. lavora con la scrittura da circa 10 anni. È un copywriter e curatore editoriale di periodici per bambini e ragazzi. Prima di scrivere, voleva fare il regista. Questo libro auto-pubblicato  è il suo omaggio alla settima arte.



Per dimostrarvi che questo è un romanzo 
assolutamente da non perdere....
Ho convinto il suo autore a darvi un assaggino 
della sua penna e del suo nerd-stile-pensiero.


Ecco a voi in anteprima esclusiva,
soddisfatti o ricreduti,

IL PRIMO CAPITOLO DE 

LA PRIMA COSA BELLA
Dante B.

Estratto

Scena I 

In cui presento me stesso e alcuni dei personaggi di questa storia. 


Che noia: in questo posto non succede mai niente.
I Goonies - R. Donner, 1985



Sembra che le prime cose importanti da definire in una storia siano il chi, il dove, il quando, il come, e il perché. 
La risposta alla prima domanda è la più semplice. Il chi sono io: Dante Berlinghieri, 21 anni, sette mesi, sette giorni; studente universitario, aspirante regista, più nerd che geek. Uno di quei tizi che la gente definisce promettenti, o addirittura “prodigiosi” perché alle elementari saltano le classi, come ha fatto Fonzie con gli squali. In realtà, le promesse non le ho mantenute ed essere finito in terza elementare all'età di sei anni mi ha solo candidato, con largo anticipo, al mio attuale primato di Fuoricorso più Giovane del Globo.
Come a dire che le tappe che salti all'inizio, te le ritrovi alla fine. 
Non sono un asso a descrivere le persone, quindi accontentatevi di sapere che sono un ragazzo. Una specie di Daniel Radcliffe, più riccio, più scuro, più alto e più corpulento, ma decisamente meno predestinato alla gloria. 
Il dove e il quando della storia riguardano il qui e ora. E anche questa è facile: sono su un letto d’ospedale. Siamo nel mese di febbraio. Se fossimo in un film, l'inquadratura esiterebbe sul mesto spettacolo dei rami spogli, prima di fornirci una panoramica della stanza e, infine, si fermerebbe su di me, sdraiato a letto. 
Così, giusto per farvi capire che l'idiota con gli occhiali, i capelli esplosi in testa e il pigiama di flanella non è Harry Potter fatto di crack, ma il narratore della storia. 
Per stabilire come sono arrivato fin qui, devo lavorarci. Ho preso un quaderno e delle biro per ricostruire, ricominciando dall'inizio, quello che è successo. 
Il perché invece esula dai miei campi di competenza e temo di doverlo lasciare a Dio o a chi per lui. Solo le storie inventate hanno una morale, o un senso, ma la maggior parte delle storie vere sono accozzaglie di fatti concatenati da tenui implicazioni logiche.
Un gran casino, insomma.
E, a proposito di casino, siamo nell'orario delle visite e oggi il sottoscritto sembra una celebrità. Quattro amici si sono fatti trecento chilometri per me. 
Okay, amici è generico e scorretto. I visitatori sono un amico, un fratello, un rivale e un nemico. 
E se, come prima, dovessi riprendere la scena, ve li presenterei uno alla volta. 
Comincerei con l'inquadrarvi il tipo di sinistra, quello con la t-shirt della tavola periodica, l'aria da programmatore informatico, e la faccia da koala in posa per il National Geographic. Non è un caso che sembri un programmatore, perché lo è; e non è un caso che sia in piedi, alla mia destra, perché quello è il posto che occupa sempre. 
Il suo nome è Leonardo Lapis. Leo, che va per i 23, è il mio best e il mio complice. La mia spalla. Leo c'era fin dall'inizio.

Primo piano di Leo. Fermo immagine. Stacco. Compaiono attori bambini. Parte il flashback. 

Con Leo ho fatto le cose più incredibili, come per esempio fondare un cineclub vietato ai maggiori di dieci anni. Era segreto, clandestino e si chiamava Profondo Argento. Nasceva dall'urgenza di visionare i film horror che i nostri genitori ci proibivano di vedere. Trascorrevamo metà del pomeriggio a consumare vecchie VHS di Profondo rosso, Suspiria, Il gatto a nove code e l'altra metà a recitare le scene che avevamo visto, o a ricostruire gli effetti speciali più rivoltanti. 
Leo era al mio fianco anche quando, nel pieno del nostro Periodo Argento, andavamo a caccia di cadaveri. Un giorno commettemmo perfino un reato: violazione di domicilio. Entrammo nel giardino del signor Mantovani e di lì in casa sua, attraverso la finestra del bagno. Il cadavere che cercavamo era quello della moglie del Mantovani. Sospettavamo fosse occultato in cantina o in soffitta, ma non abbiamo mai dubitato della sua esistenza. L'abbigliamento del Mantovani era di per sé una prova d'accusa. Prediligeva i colori scuri, portava spesso un cappello, guanti di pelle e, cosa più grave, un soprabito. E Dario Argento insegna: non c'è innocenza sotto a un soprabito nero.
Il cadavere della moglie era un postulato che non poteva essere messo in crisi da nulla. Neppure dall'evidenza che il Mantovani una moglie non ce l'aveva mai avuta.

I ricordi sfumano in una dissolvenza incrociata e torniamo alla stanza d'ospedale. Carrellata verso destra. La cinepresa si ferma su un tizio con jeans e t-shirt di Lanterna Verde, sotto la camicia aperta. È alto circa un metro e ottanta, magrissimo, coi capelli castani dritti in testa e gli occhi intelligenti. 
Lui è Marco, il mio gemello diverso. Un essere umano decisamente migliore di me. Una strana specie di sognatore propositivo che prospera nella convinzione che un giorno sfonderà con la musica o si inventerà l'applicazione del secolo. Marco è più saggio, più sereno, più evoluto e molto più padrone del proprio destino. Vedete? Anche in questo momento sorride con la bocca e con gli occhi. Potrei dirvi mille cose ma, credetemi, vi basterebbe vedere il modo in cui sorride. Capireste che il suo cuore e il suo cervello vanno sempre in coppia, sempre nella medesima direzione.

La cinepresa passa da Marco a un altro personaggio. 
Sì, lui! Quello con la camicia grunge, da alternativo omologato; alto, stempiato, fianchi da donna, occhi vacui, bocca piccola. È quello che sta arricciando il naso, come se avesse appena sentito un cattivo odore, o visto un caso umano disturbante. O entrambe le cose. 
In realtà è solo l'effetto che gli faccio io. 
Da sempre. 
Il suo nome è Tommaso Rustichelli. Tommy non solo è sfacciatamente ricco, ma è anche il peggiore dei miei amici. Se avesse un po’ di carisma, lo bollerei come il cattivo della storia ma, poiché non ne ha affatto, è solo il mio rivale. Lo scopo di Tommy non è mai stato vincere per amore della gloria ma vincere per battermi. Si è messo in competizione con me all'asilo nido e non mi ha mai perdonato la faccenda di aver saltato le classi. Quando si diplomò, io ero già al secondo anno di università ed ero terrorizzato all'idea di ritrovarmelo iscritto a Lettere. Così, misi in giro la voce che mi sarei trasferito al DAMS. La bugia reggeva perché ero già in ritardo con gli esami e fin dal primo giorno di lezioni, avevo ammorbato i miei amici dicendo che Lettere non faceva per me. E Tommy abboccò. Si immatricolò a Bologna e io trovai il primo buon motivo per restare dov'ero, a Parma, a studiare cose che amo e cose che odio, ma comunque contentissimo di prendere ogni giorno un treno che andasse nella direzione opposta alla sua. 
Per anni la principale occupazione di Tommy è stata emulare i miei hobby, solo per dimostrare che sapeva far meglio. E, viene da sé, anche lui vive di cinema e gira cortometraggi. Orribili cortometraggi. 

E infine ecco la cinepresa indugiare sull'ultimo. Quello in fondo alla stanza, infilato nell'angolo, con le braccia incrociate al petto, lenti a pera sul naso e l'incarnato da vampiro a cui è preclusa la vista del sole. 
Lui è Gunny. 
È difficile da inquadrare. Se Leo è una persona che avrei scelto tra mille, se Tommy è una cozza di cui non riesco a liberarmi, se Marco è lo Yang del mio Yin, Gunny è la Nemesi. Non la mia. La nemesi di tutti, perché la principale occupazione di Gunny è l'odio.
Passa la vita a odiare, sparare a zero, liquidare tutto come boiata. Gunny è l'incarnazione del troll senza volto, è la prosopopea dell’hater che parla male di libri mai letti, è il Dissennatore che trova sempre il modo di far scendere il gelo. E se si trova qui, in questa stanza, è solo perché la sua presenza è l'equivalente fisico di un “te l'avevo detto” oppure di un “ognuno ha quel che si merita”. 
E ci teneva a farmelo sapere.

Queste sono le persone presenti nella mia stanza. Le stesse che vedo da una vita. E, se questo fosse un film, farei partire la pellicola proprio da loro. 
Lo faccio comunque, perché ogni storia ha bisogno di un inizio e io ho bisogno delle storie. Per capire devo raccontare. E devo far presto.

Visto che vi sto raccontando i fatti miei, tanto vale che vuoti il sacco e confessi il resto: sono qui perché sono innamorato.
No. 
Un attimo. 
Non è un rapporto causa-effetto. Non è che ti ricoverano in neurologia, se ti prendi una cotta. È più come un danno collaterale. Un imprevisto. 
La neurologia capita. Parafrasando un famoso adesivo.
Non mi ero neppure reso conto di essere innamorato. Lei era accanto a me, ma non la vedevo. O non capivo. O entrambe le cose. Come quando sei davanti a un affresco troppo grande: te ne stai col naso incollato al Giudizio Universale, e mica lo capisci. Per comprendere le cose grandi ci vuole la distanza. Bisogna fare molti passi indietro.

La mia vita è stata più o meno la stessa per anni. Mi credevo immune all’imprevisto. Ma poi, si sa, una farfalla sbatte le ali a Singapore e un uragano si abbatte su New York. 
La mia farfalla, ora è chiaro, è stata una serata in cui dovevo stare a casa, ma poi sono uscito. 
Già. Dovevo starmene a casa. Perché non importa quanto siano dolci gli occhi dell'uragano, quando quello arriva e ti centra qui, in mezzo al petto, poco ma sicuro che ti scoperchia il cuore. 

E ora mettetevi comodi, e su il sipario, che questa storia ve la devo proprio raccontare.



Con una premessa così, siete ancora qui????
Ecco dove cliccare per leggere questa nerd-avventura:


Io l'ho appena comprato...
e ora non resta che farmi travolgere
da questo eroe incompreso.

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